Tiziana, l’ennesima vittima del web
Il web non dimentica
La conosciamo tutti come la ragazza del video “Bravoh”. Non è necessario aver guardato il video in questione per sapere di chi stiamo parlando. Internet esplodeva di prese in giro, post realizzati ad arte e stati sui social network che sbeffeggiavano la ragazza per la sua, ormai tristemente celebre, frase “stai facendo il video? Bravoh”.
Si trattava solo di uno dei sei video diffusi online con lei protagonista.
A quanto sembra tutto sarebbe iniziato come un gioco, la stessa Tiziana avrebbe inviato i video ad alcuni suoi amici, che non si sono fatti problemi a diffonderli online.
Ma Tiziana non ce la faceva più a convivere con l’umiliazione. Nell’ultimo anno era riuscita a far rimuovere il video da gran parte delle piattaforme online che lo ospitavano, ma i commenti, i post, i riferimenti ed il clamore rimanevano.
Aveva anche provato a cambiare cognome ed abbandonare la sua città natale Napoli (per ritornarci solo recentemente), ma non era servito.
Alcune voci sul web sostengono che la ragazza avesse già tentato il suicidio, ma questa volta Tiziana ci è riuscita.
L’ha ritrovata sua zia, impiccata in uno scantinato con un foulard.
Tiziana non ce la faceva più. Non poteva scappare dal web. Non poteva scappare da se stessa.
Così l’ha fatta finita, per colpa di chi ha diffuso il video e del popolo della rete che non si è fatto problemi a scherzare ed ingigantire la faccenda.
Ed anche dopo la sua morte una parte del web continua ad ironizzare o sminuire questo terribile gesto, sostenendo che in qualche modo “se la sia cercata”.
La trappola dei social
Ma Tiziana è solo uno dei tanti nomi delle “vittime del web”.
Proprio in questi giorni una ragazza romagnola ha assistito alla diffusione su whatsapp del video del suo stupro.
Violenza ripresa proprio dalle sue amiche che a quanto pare, accecate da una sorta di “dipendenza social” hanno preferito riprendere lo stupro in corso invece di aiutare la propria amica.
Parliamo di un’adolescente, probabilmente drogata dal suo aggressore, che ha scoperto dello stupro proprio tramite quel video che si è ritrovata tra le mani.
La ragazza è ora seguita da uno psicologo.
La diffusione del video sembra essere stata contenuta in tempo, ma il pericolo è sempre dietro l’angolo, anzi dietro un “click”.
La storia di Amanda
Un caso che ha suscitato molto più scalpore è quello di una giovane canadese, Amanda Todd.
La giovane nel 2012 a soli 15 anni si è suicidata nella sua casa a Port Coquitlam.
Cos’ha reso il suo suicidio diverso da tanti altri?
Un video…non quello che ha causato il crollo psicologico della ragazza, ma quello che spiegava le ragioni del suo gesto.
Nel 2010 Amanda aveva cambiato città e per fare nuove amicizie aveva iniziato a frequentare siti di video chat. Finché uno sconosciuto non l’ha convinta a mostrare il seno in diretta.
Non sappiamo perché la ragazza abbia accettato, forse a causa di un’eccessiva insicurezza che la spingeva a cercare apprezzamenti.
Da quel momento la vita di Amanda è cambiata.
Chi l’aveva filmata la minacciava di diffondere tutto in rete, di mandare le immagini a familiari ed amici, se lei non si fosse esibita per lui in spiacevoli “show”.
Così le immagini hanno iniziato a circolare.
Sono stati inutili i tentativi di cambiare scuola o città, lui, lo stalker, la trovava sempre.
Creava ogni volta un profilo con le sue foto nuda e contattava i nuovi compagni di classe diffondendo il video. Amanda non poteva scappare da quelle immagini, non poteva fuggire da quella nomea.
Ha iniziato così ad abusare di alcool e droga, ha provato più volte a suicidarsi, distruggendo sempre di più la propria vita, finché non è riuscita a porvi fine nel 2012.
Prima di commettere il folle gesto, il 7 Settembre del 2012 Amanda ha postato su Youtube un video di 9 minuti “My Story: Struggling, bullying, suicide and self-harm”. Con una serie di fogli scritti a mano la ragazza ci racconta la sua storia.
Lei, vittima di stalking e di bullismo, ha voluto raccontare a tutti la sua esperienza.
L’ha voluta raccontare al suo persecutore, alla sua famiglia, agli amici e a tutti quei ragazzi pronti a giudicarla ancora prima di averla conosciuta. Pronti a scagliarsi contro di lei con insulti e crudeltà, per un solo piccolo errore che non poteva cancellare.
Il video è diventato virale dopo la sua morte, scatenando un gran polverone mediatico.
Siamo tutti vittime o carnefici sul web
Il web diventa così una vera e propria rete che ci può imprigionare senza alcuna via d’uscita.
La diffusione di foto, video od immagini personali può essere incontrollabile, con conseguenze tragiche.
Un solo errore, una distrazione, un momento di debolezza o frivolezza, possono condannare una vita.
E siamo noi che lo permettiamo, che assecondiamo questo gioco malato. Subito pronti a divorare le notizie più scabrose, famelici delle disgrazie altrui.
Significativo a questo proposito è un tweet scritto proprio in relazione alla vicenda di Tiziana, riportato di seguito.
“Se #TizianaCantone si è uccisa è anche colpa mia, tua, vostra, nostra. C’eravamo tutti dentro, nessuno escluso. Ci resta solo da riflettere”.
Ed è colpa nostra se Amanda Todd si è uccisa, se Hanna Smith, Felicia Garcia, Phoebe Prince, Katie Webb, Audrie Pott, Rehtaeh Parsons e Tyler Clementi si sono uccisi.
Potrei continuare con una lista lunghissima di nomi.
La colpa è nostra perché non ci opponiamo.
La colpa è nostra perché assecondiamo.
La colpa è nostra perché ne ridiamo.
Ridiamo delle tragedie, ridiamo della crudeltà, e questo ci rende colpevoli.